4.500 GRADI KELVIN
SIMONE CAMETTI

OPENING MERCOLEDì 4 MARZO
FINO Al 24 LUGLIO 2020

 
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Luminose possibilità

LORENZO BALBI

Il punto di partenza dei progetti artistici di Simone Cametti (Roma, 1982. Vive e lavora a Roma) è l'esplorazione. Si può trattare di una vera spedizione esplorativa alla ricerca di luoghi naturali – come quelle condotte sulle montagne dell'Abruzzo da cui proviene – o dell'addentrarsi abusivamente in cantieri in costruzione – come quello di un hotel romano in cui ha vissuto e operato per alcuni mesi – oppure dell'indagine sui materiali, sulle loro possibilità inespresse, sui paesaggi che inconsapevolmente custodiscono.
L'esplorazione diretta di questi luoghi porta Cametti ad una nuova consapevolezza del contesto, esperienza di conoscenza e vaglio di possibilità espressive su cui concepire la propria azione. Le leggi della fisica, il rapporto tra naturale ed artificiale, i limiti e le virtù dei materiali utilizzati sono l'ambiente in cui l'artista si muove e in cui inizia i suoi progetti/processi di materializzazione delle suggestioni derivate dall'esperienza nell'ambiente e con l'ambiente che lo circonda.
La mostra, la sua terza nella galleria, prende il titolo dall'unità di misura della temperatura della luce idealmente più vicina alla luce naturale: 4500 gradi Kelvin. Un paradigma totalmente artificiale e approssimativo che tenta di definire e normare quanto di più naturale e vivifico esista, la luce del sole. L'intera esposizione è così illuminata dalle opere dell'artista nel tentativo di manipolare e riaffermare la naturalezza dell'elemento-luce. In particolare un neon smaccatamente industriale e lineare è stato riempito con l'elio, il gas che alimenta (e che dà il nome) al sole, sintetizzando la ricerca artistica di Cametti nella sua forma più semplice ed efficace mentre una grande installazione di tubi al neon trovati in un cantiere abbandonato illumina interamente la grande sala centrale fornendo la luce e dando leggibilità a tutte le opere in mostra. Si tratta di un lampadario e di una scultura allo stesso tempo, di un elemento di design di lusso e di un accumulo di oggetti appropriati indebitamente, di una fonte di luce funzionale alla mostra e di un reperto scultoreo illuminante.
In un certo senso ci troviamo al cospetto di una scultura performativa così come Cametti ha inteso le sue installazioni luminose in passato: sia in una stanza di un albergo in costruzione alla periferia di Roma, sia sul tronco di un abete caduto nel bosco di Vaia. Anche in questi casi, come oggi, l'artista ha realizzato delle sculture-installazioni in tubi al neon per poi allacciarle fortunosamente ad impianti elettrici da lui concepiti come complesse reti di fili, allacci e relazioni/reazioni (in questo caso volutamente lasciati visibili) per poi accenderle. L'accensione non è che una fase del processo costitutivo dell'opera che ne può decretare uno stadio di compimento - come in questo caso - oppure può suscitare nuovi esiti - video, fotografie - come nelle ricerche precedenti.
L'approccio processuale all'opera, la continua ricerca di eventuali nuovi, diversi e più interessanti esiti, è la caratteristica fondante della curiosità e dell'approccio alla creazione artistica di Cametti: le sue opere ci appaiono in uno stato di stasi e insieme di possibilità per sviluppi e sperimentazioni future. Un modo di agire del tutto simile ai procedimenti di indagine scientifica, in continua e profonda evoluzione.
In questo senso le opere in marmo di Carrara appaiono come approdo e ulteriore sintesi del suo discorso: preziose lastre del marmo più utilizzato in scultura sono verniciate dall'artista con vernici e metodi da carrozzeria con il blu dell'ultravioletto e il rosso dell'infrarosso: estremi cromatici del campo visivo dell'occhio umano e delle possibilità percettive. Verniciare è celare ma anche aggiungere valore, accumulare materia e dare nuova luce al materiale originario, evidenziandone le venature, la preziosità, i paesaggi nascosti. Le opere in mostra giungono come sviluppo di una riflessione sui materiali marmorei e sulle loro possibilità che Cametti porta avanti da diverso tempo agendo sulle superfici con vernici e limitandone e circoscrivendone gli spazi, la visione, la percezione. Un processo allo stesso tempo di camouflage e di disvelamento, di censura e di evidenziazione.
Le opere ottenute attraverso questo lungo e complesso procedimento, ammirabili in mostra, ci portano immediatamente a riflessi e rimandi alla storia dell'arte: dai volumi del minimalismo americano alle ricerche dell'arte povera, dallo stile arabo mudejar ai colori del design contemporaneo.
Un'opera in particolare assume una connotazione “attiva” ulteriore: si tratta del complesso puzzle di lastre di granito Splendid Gold realizzate dall'artista seguendo le linee e gli angoli dei cristalli di quarzo che lo compongono: esagoni e dodecaedri. I “pezzi” così ottenuti sono appesi al muro a formare una composizione potenzialmente differente in ogni luogo e situazione, modificabile e alterabile a piacimento, scultura/immagine ma anche processo libero di creazione e sviluppo: un ambito di infinite e luminose possibilità.


RASSEGNA STAMPA

ARTRIBUNE, SEGNONLINE