Francesca Antonini Arte Contemporanea è lieta di presentare Il continente buio, la seconda mostra personale di Alice Faloretti (Brescia, 1992) in galleria, con un corpus di lavori che include dipinti ad olio su tela e carta e disegni a matita. Il progetto prende il titolo dal saggio di Francesco Sauro, in cui lo speleologo racconta di caverne, grotte e misteri sotterranei.
Il concetto di paesaggio viene catapultato oltre l’immaginario caro alla ricerca pittorica del passato, che cominciò a configurarsi come un genere artistico autonomo nell’arte occidentale soltanto nel XVII secolo e che soffrì del pregiudizio accademico, venendo inquadrato come genere minore, pur riscontrando fortuna tra collezionisti e amatori. Faloretti abbraccia questo soggetto-oggetto traducendo in pittura un’espressione della mente, rappresentando un enigmatico contenitore di sensi plurimi. Ci addentriamo nella psiche umana, più che in variazioni geologiche della natura.
La grotta assume un ruolo ambivalente: capsula temporale che sospende lo scorrere dei secoli e che custodisce fossili, resti, impronte, disegni, oggetti e archivio immerso nel buio onnipresente.
Oltre la soglia, il buio e il silenzio alterano la percezione della realtà, favorendo l’abbandono dei paradigmi con cui viviamo e sopravviviamo nel mondo esterno. Viene meno la vista, si acuisce l’udito, ci serviamo del tatto per muoverci e sondare l’oscurità. Transitiamo verso l’ignoto e ciò che dovrebbe proteggerci e darci sicurezza, nel momento in cui viene raggiunto, ci catapulta in una dimensione parallela: protezione e angoscia.
Faloretti vuole generare una dimensione altra, in grado di richiamare visioni ancestrali, primordiali, vicine e lontane dalla nostra realtà, costituite da forme ambigue, nascoste e svelate, pregne di possibilità ancora da scoprire. Un luogo sconosciuto ma in cui ritrovare qualcosa di familiare e da cui partire verso altre mete.