[adapt].

BENEDETTO PIETROMARCHI

WITH A TEXT BY ILARIA GIANNI

FROM FEBRUARY 18, 2021
until april 9

 
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Il teatro della vita

ILARIA GIANNI

Nel V secolo a. C., Empedocle scriveva: "All'inizio sulla terra spuntarono teste senza colli, ed erravano braccia nude prive di spalle, vagavano occhi soli sprovvisti di fronti. E poi molti esseri nascere con doppie facce e petti, e buoi con facce d'uomini, o invece sorger busti umani con teste bovine, e forme miste di maschi e di femmine, provviste di membra villose". La vita nasceva, secondo il filosofo greco, da tentativi del tutto casuali prodotti dalla forza generatrice della natura, ma, secondo la sua teoria, solo alcune forme così originate risultavano adatte al mondo e capaci di sopravvivere, assicurando il miglioramento della specie. Se la tesi materialistica trovò, nei secoli, sostegno nelle ricerche di filosofi e scienziati, giungendo alla teoria dell’evoluzione di Darwin, il fascino della tesi della mescolanza universale ha occupato il pensiero, l’estetica e la letteratura da quando si hanno testimonianze umane.

Protagonisti dell’immagine e dell’immaginazione della mitologia nella sua ricerca dell’“origine”, sono da sempre il mondo animale e vegetale, spesso frutto di compenetrazioni, a testimonianza di una mescolanza universale ove tutto era, potenzialmente, e fantasticamente, possibile.

Quasi come un nuovo poema epico [adapt]., la prima mostra personale di Benedetto Pietromarchi nella galleria Francesca Antonini, echeggia ad una natura che va oltre un’estetica della quotidianità trasportando gli spettatori in un habitat popolato di sculture rappresentanti nuove specie. Le opere squarciano così i nostri orizzonti definiti di conoscenza per lasciare spazio a fusioni visionarie di nature e generi, che, con forza simbolica e provocatoria sembrano mettere in una discussione il pensiero positivista e il superamento degli ordini secolarmente imposti dalla civiltà occidentale.

Partendo da un profondo legame con il territorio della bassa Maremma, spazio di lavoro e casa di Benedetto Pietromarchi, ogni opera di [adapt]. proviene ed è generata dalla terra circostante, materialmente presente, e indicata dalle coordinate geografiche che danno i titoli ai lavori. A partire da un processo diretto di ascolto, di esplorazione, di raccolta di frammenti naturali, e attraverso l’azione plasmante della mano dell’artista, nasce il progetto della mostra e la sua traccia narrativa, che ha come protagonista la congiunzione tra il vegetale, l’animale e il minerale in un’immaginaria ridistribuzione del vivente. Includendo aspetti naturali, sociologici e di geografia storica, il corpo di opere offre così allo spettatore degli spunti per ragionare sulla percezione collettiva delle categorie estetiche, biologiche, politiche che ci circondano, nella definizione di un nuovo paesaggio culturale.

 [adapt]. propone un mondo inventato che racconta di un futuro ancora da scrivere e di un’evoluzione ulteriore della realtà, nella quale una nuova ecologia – biologica e sociale - porta al centro una vegetazione che inizia a colonizzare il corpo zoomorfo.  Come in una evasione fantastica, la mostra esplora il rapporto con la natura dalla sua contemplazione paesaggistica, al suo studio scientifico, per giungere ad una sua trasposizione onirica nell’offerta di un immaginario mitologico. [adapt]. si pone così come strumento simbolico per la percezione di un orizzonte culturale e sociale in divenire.

 L’incontro tra elementi raccolti dall’artista e successivamente modellati (radici di ulivo, scorie di ferro, argilla) dà forma ad un habitat nel quale si innesta una nuova vita capace di riprodursi. In una piccola foresta, semi rotondi colorati schiudono creature che hanno subito una metamorfosi, popolando un universo evoluto. Benedetto Pietromarchi canta questo futuro inventato e mette in scena un’opera i cui soggetti sono aquile arlecchino, con livree composte da foglie colorate, dove è l’animale ad avvicinarsi al mondo vegetale, mettendo in discussione la dominante presa zoocentrica. Se l’uomo ha sempre chiesto agli animali di iniziarci ai misteri della vita, Benedetto Pietromarchi ci indirizza alla possibilità che siano creature ibride a traghettarci verso una nuova metafisica.

 Mettendo al centro la natura e la sua fluidità congenita, [adapt]. diventa una metafora per parlare di un dimensione che, rifiutando identità binarie e categorie statiche, offre voce e forma alle potenzialità insite nella grandezza e complessità che caratterizza l’instabilità di ogni elemento della terra. Una contaminazione che diventa tangibile e, seppur inventata, ci proietta verso lo spazio simbolico del teatro della vita, gettando una luce (necessaria) sul nostro presente. 

 

*photos by Daniele Molajoli