Il continente buio

ALICE FALORETTI

OPENING MERCOLEDì 25 gennaio 2023
FINO A SABATO 25 marzo 2023

 
 
 

Il continente buio

EDOARDO MONTI

Alice Faloretti (Brescia, 1992), in occasione della seconda personale presso la galleria Francesca Antonini Arte Contemporanea, presenta un corpus di opere che include dipinti ad olio su tela e carta e disegni a matita.

Così come la grotta si addentra nelle viscere della terra, vorrei iniziare ad addentrarmi nei dettagli tecnici della pratica di Alice Faloretti: come nascono questi lavori, quali i materiali coinvolti.
Si parte da fotografie, scattate personalmente o trovate in archivi cartacei e digitali, che spesso riportano inquadrature di paesaggi, fenditure nella roccia, stagni, spaccature di una Natura ora quieta, ora agitata. Questi scenari tappezzano lo studio, fornendo costante ispirazione all’artista che realizza veri e propri bozzetti preparatori. Pensa paesaggi frazionando quelli già esistenti, seziona e ridisegna e alle volte li assembla già prima del lavoro finale. Parte da un’immagine mentale che, pezzo dopo pezzo, si manifesta come insieme di immagini reali.

ll passaggio dall’immagine all’azione meccanica è immediato: sulla tela vengono versate grandi quantità di olio e trementina mischiate, spinte, spatolate da grandi pennelli che fungono da estensioni primordiali delle braccia dell’artista. Questo procedimento crea forme grezze e imponenti, il vero sfondo su cui si costruisce la composizione finale. Ci si sposta sulla carta, dove la matita rielabora le forme presenti sulla tela impregnata di trementina e talvolta su tablet che permettono di visualizzare molteplici scenari, collages digitali che includono ritagli di fotografie esistenti, dettagli di lavori in corso di produzione e interventi pittorici digitali. Si ritorna sulla tela per l’ultimo, dettagliato processo di costruzione minuziosa di quello che sarà lo scenario finale, caratterizzato da una palette consistente e un filo conduttore che abbraccia tutti i lavori in mostra: la grotta.

Il progetto, intitolato Il continente buio in onore del saggio di Francesco Sauro che tratta di caverne, grotte e misteri sotterranei e tanto ha ispirato l’artista nel processo creativo, viene concepito a partire dell’opera realizzata per il Premio Cairo 2022. Intitolato Demorari, il dipinto affronta il tema dell’indugio, dell’attesa, ma anche dell’abitare e della transitorietà. Le opere in mostra si soffermano sulla dimensione della casa e del rapporto uomo-natura che essa influenza. I dipinti seguono i movimenti del pensiero, passando da una memoria ad un’immagine futura, dalla realtà all’immaginazione, da una morbida pennellata ad una brusca interruzione, parlandoci forse della difficile e altalenante relazione che l’uomo ha sempre avuto con la Natura, essa che dà e toglie la vita.

La grotta funge da mondo dentro ad altri mondi, casa primordiale per uomini primordiali - come dimenticare i dipinti preistorici sui muri delle grotte in Spagna e Francia. Gli uomini sono tuttavia assenti nei dipinti di Alice Faloretti, forse siamo invitati a rapportarci con questi scenari profondi e misteriosi senza essere influenzati da esperienze terze, potendoci concentrare

sulla relazione tra noi e l’altro, identificandoci in questo processo armonioso e contrastante. Da soli di fronte a questi luoghi proviamo emozioni pure, ancestrali: il desiderio di scoprire cosa si cela nell’oscurità, la paura dell’ignoto. Luoghi che la natura offre come rifugi naturali assumono un ruolo opposto, contenitore di paure e pericoli.

Chiave il ruolo delle letture che hanno accompagnato l’artista nel processo di ricerca per questo progetto e che hanno amplificato le sue riflessioni a riguardo, studiate e immagazzinate insieme a ricerche parallele sul mondo della cinematografia, sulla storia dell’arte, sulla natura in toto. Si è concentrata su quelle interpretazioni che elaborano il concetto di ambivalenza: interno ed esterno, chiusura ed apertura, superficie e profondità sia fisica sia intellettuale, che spesso si scambiano di significato e tipologia, presentandoci immagini spaziali che si caricano in contemporanea di significati interiori. È una ricerca che troviamo in ogni opera di Alice Faloretti, ora presente nella stratificazione e sovrapposizione dei colori a olio, ora nei frammenti separati dei tratti di matita su carta, che sono tuttavia profondamente interconnessi l’uno all’altro - i limiti si dissolvono, le forme si trasformano, tutto scorre, tutto cambia.

Il concetto di paesaggio viene catapultato oltre l’immaginario caro alla ricerca pittorica del passato, che cominciò a configurarsi come un genere artistico autonomo nell’arte occidentale soltanto nel XVII secolo e che soffrì del pregiudizio accademico venendo inquadrato come genere minore, pur riscontrando fortuna tra collezionisti e amatori. Alice Faloretti abbraccia questo soggetto-oggetto traducendo in pittura un’espressione della mente, rappresentando un enigmatico contenitore di sensi plurimi. Tutto fuorché la mera immagine di un panorama naturale, reale o immaginato che sia. Ci addentriamo nella psiche umana, più che in variazioni geologiche della natura. Siamo al limite tra tempo sospeso e tempo trascorso. La grotta assume un ruolo ambivalente: capsula temporale che sospende lo scorrere dei secoli e che custodisce fossili, resti, impronte, disegni, oggetti e archivio immerso nell’onnipresente buio, dove il giorno non esiste, dove la notte non esiste; portale che ci mette a diretto contatto con un passato lontano, vite esaurite che hanno tramandato tracce presenti in noi.

Oltre la soglia, il buio e il silenzio alterano la percezione della realtà, favorendo l’abbandono dei paradigmi con cui viviamo e sopravviviamo nel mondo esterno. Viene meno la vista, si acuisce l’udito, ci serviamo del tatto per muoverci e sondare l’oscurità. Transitiamo verso l’ignoto e ciò che dovrebbe proteggerci e darci sicurezza, nel momento in cui viene raggiunto, ci catapulta in una dimensione parallela: protezione e angoscia.

Alice Faloretti vuole generare una dimensione altra, in grado di richiamare visioni ancestrali, primordiali, vicine e lontane dalla nostra realtà, costituite da forme ambigue, nascoste e svelate, pregne di possibilità ancora da scoprire. Un luogo sconosciuto ma in cui ritrovare qualcosa di familiare e da cui partire verso altre mete.